La complessità di questo panorama, per altro in continua evoluzione perché nuovi soggetti e nuovi discorsi si presentano sul palcoscenico della storia universale da latitudini sempre diverse, ci ha costretto ad immaginare un modello di rappresentazione unitario per le varie tradizioni che concorrono alla formazione del paradigma odierno degli studi culturali che tenga conto delle evoluzioni, delle parentele e affinità, ma soprattutto delle sempre possibili e feconde contaminazioni tra le varie tradizioni, insomma un modello che fosse affatto statico e definitivo. Si trattava dunque di rendere compatibile (e leggibile) la coerenza che pure la teoria ha costantemente ricercato per le varie tradizioni con laspetto metamorfotico (e, a volte, anamorfotico) che marca non solo i metodi sempre pronti a compromettersi con altri più o meno affini ma anche i territori che gli studi culturali intendono dissodare (e la metafora è tuttaltro che casuale!). Si tratta infatti di una cartografia congenitamente provvisoria, se non altro per il fatto che il territorio degli studi culturali non può essere mai completamente mappato, giacchè, con il crescere dei fatti culturali, cresce anche il territorio da mappare. Del resto è evidente che la storia degli studi culturali nel Novecento è la storia di una conquista progressiva di spazi sempre più ampi (spesso con inequivocabili tratti di colonizzazione violenta o di illusione superomistica). Cè di più, la conquista di nuovi spazi culturali estende ipso facto anche i territori da conquistare, giacchè creando nuovi metodi e scoprendo nuove terre sinstaurano nuovi discorsi e nuove forme che a loro volta diventano oggetto specifico degli studi culturali. Il supporto digitale dà qui una possibilità sia sul piano grafico che su quello del contenuto. Abbiamo infatti voluto in coerenza con le forme di rappresentazione che gli studi culturali hanno prediletto dal romanticismo in poi immaginare una figura che permettesse di enfatizzare quella che secondo noi in questo eredi delle intuizioni di Deleuze e Guattari consideriamo la segnatura degli studi culturali, il destino cioè dessere un coacervo di metodologie (e di territori, e di soggetti) la cui caratteristica è quella di iniziare nel mezzo. Molteplici sono le figure che via via si sono accumulate nel patrimonio genetico degli studi culturali tra Settecento e Novecento. Unanalisi complessiva, cioè storico-culturale, di queste metaforiche getterebbe una luce definitiva sul senso (significato e direzione) di queste discipline. In questa sede possiamo limitarci solo ad una disordinata enumerazione, che tuttavia ci consentirà di definire una tendenza. Lesigenza di una rappresentazione del sapere culturale che uscisse dalla logica subordinativa dellalbero delle scienze, e per conseguenza dalla forma-trattato, è già presente nellantropologia mistica del Seicento. Si pensi, un esempio tra i tanti, al Philosophischer Kugel di Böhme, forse larchetipo di tutti i rizomi della storia, una rappresentazione che sfugge alle regole del piano cartesiano, inaugura inedite sinapsi tra le cose umane e quelle divine , e sfida le leggi della linearità e della coerenza linguistica. Suo immediato successore ormai catturato nella testualità moderna è larabesco romantico, un disegno illimitato e autogenerantesi, erede diretto dellars combinatoria, in perenne evoluzione e il cui intreccio consente rotture asignificanti ante-litteram. Il suo principio generativo è infatti ad esempio per Friedrich Schlegel la diascevase, quella forma di decostruzione e ricostruzione del corpus testuale (e dunque culturale) che si oppone alla dittatura del canone (non solo letterario) e degli autori. Schlegel auspicava, ad esempio, una decostruzione degli scritti di Platone, una riscrittura e ricomposizione dei dialoghi che non tenesse conto della coerenza formale del testo, così come veniva stabilito dalla tradizione. Del resto la diascevase era nella filologia omerica linesauribile e mai risolto tentativo di ricomporre il testo epico. La collezione è laltra figura che accoglie queste caratteristiche romantiche in un periodo segnato dalla sequenza Nietzsche-Freud-Warbug-Benjamin e ne innesta la testualità su elementi decisamente non-testuali, dai media alla merce, forme della distribuzione più o meno virtuali. Latlante, nel senso indicato da Aby Warburg è, in questottica, la forma di rappresentazione che sottrae la collezione alla dittatura del verbale, proponendo uno scambio simbolico tra immagini (Bilder) e tra Pathosformeln. Dalla collezione/atlante allarchivio nel senso foucaultiano e derridiano del termine il passo è breve. Qui, nello spazio della collezione, fa capolino la forma istituzionale, il luogo, che è il problema del decostruzionismo moderno. Tanto più significativa è allora la reazione tutta interna alla cultura francese segnata dal sentiero alternativo del rizoma che con metafora organica cui pure le Kulturwissenschaften dopo Herder ci avevano abituato reintroduce la dimensione del corpo (cui non mancano a questo punto innesti macchinici, protesi cibernetiche) troppo trascurata nellintellettualismo decostruzionista. Il rizoma è vivo e vegeta, non cresce secondo unasse di simmetria e non si irrigidisce mai in stanze della memoria, in cartelle, in database. Lenfasi anarchica di Deleuze e Guattari reintroduce limprevedibilità dellorganico nella proliferazione dei discorsi e degli archivi. I caratteri, o principî, del rizoma sono quelli che contraddistinguono tutte le forme romantiche che abbiamo sin qui citato e, a ben vedere, definiscono esattamente le funzioni di tutte le figure citate: principio di connessione e di etereogeneità, secondo il quale «qualsiasi punto di un rizoma può essere connesso a qualsiasi altro e deve esserlo» (Deleuze-Guattari); principio di molteplicità secondo cui nulla è singolare, e l'individuo è solo una forma di "resistenza" tra soggetti e oggetti che si attraversano reciprocamente; principio di rottura asignificante: qualunque cesura non interrompe i significati che proliferano senza che i significanti possono imbrigliarli. È ciò che rende queste figure sostanzialmente antigeneologiche, prodotto complesso di sincronie e diacronie senza che luna prevalga sullaltra; principio di cartografia e decalcomania: queste figure non solo il calco di nulla che si dà in natura, né conscia né inconscia, non riproducono nulla, piuttosto producono qualcosa: «la carta scrivono Deleuze e Guattari si oppone al calco, è interamente rivolta verso una sperimentazione in presa sul reale. La carta non riproduce un inconscio chiuso su se stesso, lo costruisce. Concorre alla connessione dei campi, allo sblocco dei corpi senza organi, alla loro massima apertura su un piano di consistenza la carta è aperta, è connettibile in tutte le dimensioni, smontabile, reversibile, suscettibile di ricevere costantemente modificazioni. Può essere strappata, rovesciata, adattarsi a montaggi di ogni natura, essere messa in cantiere da un individuo, un gruppo, una formazione sociale. La si può disegnare sopra un muro, concepirla come unopera darte, costruirla come unazione politica o come meditazione». Chi conosce i frammenti dellAthenäum o il progetto del Passagenwerk può comprendere la puntualità di questa descrizione. Si tratta, come si vede, di figure che giocano su un duplice piano: esse sono metafore della cultura, del suo reale dispiegarsi nel mondo e, contemporaneamente, producono una fisiognomica del Kulturwissenschaftler, che via via assume la maschera del collezionista (Benjamin), dellarchivista (Derrida), del bricoleur (Lévi-Strauss). Ancora una volta questo ci conferma la consustanzialità di soggetto e oggetto nello studio della cultura. Tutte queste figure hanno però in comune una legge genetica: consentono di iniziare nel mezzo. Unidea che viene formulata in tutta la sua icasticità da Deleuze e Guattari lettori di Kafka. In un passo dei Diari di Kafka infatti si legge: «Le cose che mi vengono in mente non mi si presentano attraverso la loro radice, ma per un punto qualunque situato verso il loro mezzo: cercate allora di trattenerle, cercate allora di trattenere un filo derba che comincia a crescere soltanto nel mezzo dello stelo, e di aggrapparvi ad esso». Ogni analisi culturale infatti inizia nel mezzo di un tessuto se si vuole rimanere nella metafora testuale che altri hanno cominciato a tessere ed altri continueranno a tessere dopo di noi. Per questo ogni testo è sempre larchivio con un input ed un output costantemente in movimento di una memoria culturale che trascina con se ciò che, per così dire, è solubile linguisticamente e ciò che non lo è. È un relais per usare una bella immagine di Hartmut Böhme che crea degli scambi tra nastri trasportatori che entrano ed escono dallarchivio di cui siamo gli archivisti più o meno consapevoli. Tutte queste figure hanno inoltre alcune caratteristiche formali che le rendono compatibili con la complessità del moderno: hanno carattere reticolare e di ragnatela (Geertz: «luomo sta in una ragnatela di significati da lui stesso tessuta»; o Burke: «La raison dêtre di uno storico della cultura è infatti far emergere i collegamenti fra attività diverse»); sono resistenti agli strappi: ammettono le fratture, i tagli, i buchi, non sono né integre né totalizzanti, possono avere sacche e pieghe che lasciano spazio ai nascondimenti, alle sovversioni, alle contro-culture (De Certeau); sono porose, nel senso dato a questo termine da Ernst Bloch e Walter Benjamin, affascinati dai flussi sociali e culturali consentiti dalle architetture napoletane: «Larchitettura è porosa quanto questa pietra. Costruzione e azione si compenetrano in cortili, arcate e scale. Ovunque viene mantenuto dello spazio idoneo a diventare teatro di nuove impreviste circostanze. Si evita ciò che è definitivo, formato Nulla viene finito o concluso I cantieri vengono usati come teatro popolare. Tutti si dividono in uninfinità di ribalte animate simultaneamente. Balcone, ingresso, finestra, passo carraio, scala e tetto fanno contemporaneamente da palco e da scena La porosità è la legge che questa vita inesauribilmente fa riscoprire La vita privata è frammentaria, porosa e discontinua La strada penetra allinterno delle case Compenetrazione di giorno e notte, rumori e silenzio, luce esterna e oscurità interna, di casa e strada» (Benjamin). Quale migliore definizione della cultura, che tenga insieme, per altro, topologia e performance, topos e pathos. I colori di questa cartografia possiamo immaginarceli infatti come definiti da due sistemi di rappresentazione, come nelle mappe geografiche, quello fisico-morfologico che attiene alla natura, appunto mari, monti, pianure e quello politico, città, stati, istituzioni, ciò che attiene dunque al fare delluomo. Quello che conta però è la terra di nessuno graficamente rappresentata da un territorio di mezzo in cui è possibile immaginare le incursioni e le relative contaminazioni tra tradizioni disciplinari diverse. Iniziare dal mezzo significa nel contempo sentirsi parte mobile allinterno dei diversi discorsi e cercarsi in un possibile nuovo territorio. È quello che il sistema dinamico, progettato grazie al supporto digitale, consente lasciando cogliere contemporaneamente la familiarità tra i discorsi organizzati in dominanti, a loro volta frutto di unottica già duplice ed ambigua, e la proiezione, la direzione per dirla con Lawrence Grossberg che questi discorsi producono nella loro prassi interpretativa, creando nuove famiglie, e dunque, in fin dei conti, nuovi discorsi e nuovi soggetti. Al lettore non sarà difficile cogliere la coerenza delle dominanti, laria di famiglia, contraddistinta da un colore e da una sezione ben definita nella cartografia, e vedere poi cliccando sulle singole voci le intersezioni/contaminazioni che queste inaugurano nella terra di nessuno, nel neutro della cultura còlta nel suo farsi. Il territorio di mezzo è ciò che consente alle interpretazioni di non irrigidirsi in discipline (più o meno accademiche) e di tenere conto di un aspetto decisivo della cultura: che essa non è solo testo, né solo prassi, né solo mezzo, né sola distribuzione: ma il qui ed ora della messa in performance di tutte queste componenti. dominante storico-concettuale: quella che considera la cultura come lintersezione tra il piano delle idee, cioè delle rappresentazioni collettive e individuali, e quello della loro storicità, tra il piano dello spirito (Geist) e quello dellavverarsi storico del linguaggio. È la tradizione che discende dal post-storicismo della History of Ideas di A. O. Lovejoy e giunge sino alla semantica storica di R. Konersmann; dominante mass-mediologica: è la tradizione che prende le mosse da una teoria critica della società (dal marxismo alla Scuola di Francoforte) e mette al centro lintreccio tra studio dellideologia e delle mentalità, impegno politico militante e indagine sociologica sui mezzi di produzione e distribuzione della cultura. È la tradizione che dà il nome agli studi culturali, i cultural studies di Birmingham (R. Williams, R. Hoggart, S. Hall), e che adesso, oltre oceano, ha fatto proprie le istanze più vivaci dei communication studies (popular culture, media-/film-/visual-/music-studies) (J. Fiske, L. Grossberg, M. Morris), innestandole sullanalisi critica delle società multietniche. dominante mitico-psichica: è quella che radica, senza riduzionismi, le forme culturali e collettive, e in special modo la produzione mitologica, nelle strutture elementari della psiche, o considera la psiche il luogo di una grammatica (universale?) che organizza i significati e i simboli e di conseguenza anche i comportamenti, i rituali, le rappresentazioni immaginali, le memorie e le forme del linguaggio. È la tradizione che discende dalla Völkerpsychologie, con tutti i suoi abusi novecenteschi, e si riattiva nella psicologia archetipica, da C. G. Jung fino a Hillmann e nella critica del mito e della memoria culturale da E. Cassirer a J. Assman. dominante politico-antropologica: è lapproccio che mette al centro della discussione lintersezione e linterazione tra substrato biologico considerato però esso stesso come modificabile culturalmente e politica, nonchè la conseguente creazione di stereotipi, etnie, razze, nazioni etc. È la tradizione che parte dallottocentesca imagologia e giunge alla critica post-coloniale (F. Fanon e E. Said), e che tematizza gli aspetti diasporici e multiculturali delle identità moderne (I. Chambers); dominante politico-sessuale: si tratta di approcci in cui prevale linteresse per il genere e per il sesso, sia in senso biologico che culturale, sia sul fronte delle definizioni antropologiche che su quello delle identità politiche. È la strada che conduce dalle scritture di genere alle politiche dei subalterni (P. Gilroy, G. Ch. Spivak), dalle ecologie della cultura al superamento dellumano nel tecnologico (J. Baudrillard, M. Perniola, D. Haraway); dominante storico-sociale: è interessata al rapporto tra mentalità/rappresentazioni collettive e istituzioni, flussi e trasformazioni sociali. È la tradizione classica che va dalla Histoire des mentalités delle Annales alla micrologia (C. Ginsburg) e, su un altro versante, alla Nuova storia culturale (P. Burke); dominante semiotico-sociale: tutti gli approcci allo studio della cultura che pongono in primo piano la questione del segno in rapporto al significato e alla sua comunicazione allinterno di un sociosistema. È la tradizione che va dalla semiologia di R. Barthes agli sviluppi della tipologia della cultura di J. M Lotman e della semiotica di A. J. Greimas; dominante linguistico-istituzionale: come quella storico-concettuale è interessata allintreccio tra idee/concetti/lessici e modificazione degli stessi, enfatizzando però da un lato la loro potenza discorsiva che segue leggi e sistemi individuati dalle scienze del linguaggio e le raccorda alle istituzioni, alle forme ed energie sociali e in generale corregge la deriva idealistica della storia delle idee. È la tradizione che fa riferimento a Foucault e che si è rinnovata nellinterpretazione della rappresentazioni su una solida base antropologica e sociale (intersoggettività) del neostoricismo di S. Greenblatt e della metaforologia di H. Blumenberg. Ogni dominante contiene un numero variabile di lemmi che definiscono le tradizioni degli studi culturali che, ovviamente, sono caratterizzati da affinità metodologiche. Tutti i lemmi che hanno avuto già ampia circolazione nella cultura italiana sono stati riportati in italiano. Nel contempo si è cercato di offrire una traduzione quando di un lemma era possibile prevedere o scorgere ladozione nel dibattito culturale italiano. In unapposita pagina (elenco dei lemmi) sono elencati tutti i lemmi presenti nel dizionario, i lemmi affini e tutte le dizioni nelle rispettive lingue dorigine. Cliccando su un lemma questo si sposterà al centro del navigatore in uno spazio neutro, quello che abbiamo definito territorio di mezzo, su cui appariranno le ulteriori possibili combinazioni tra la tradizione prescelta e quelle provenienti da dominani diverse. Si è ovviamente limitato il numero delle combinazioni, segnalando quelle che specificatamente, per motivi storici o per relazioni contingenti, rappresentano unintersezione documentata dalla letteratura. Il caso di lemmi che non ne evocano altri e rimangono singoli lascia appunto lo spazio aperto a combinazioni del futuro. Va da sé che anche le intersezioni esistenti per altro concepite come possibili e mai definitive costellazioni potrebbero cessare di esistere o di essere rilevanti per gli studi culturali. I singoli lemmi del dizionario, una volta trasferiti nel territorio di mezzo, risulteranno cliccabili e daranno accesso ai testi descrittivi. Il lettore potrà comunque, se vuole, spostarsi sulle tradizioni affini segnalate nel territorio di mezzo, direttamente cliccando sui lemmi. Ogni singolo lemma, marcato da un colore che lo riconduce alla dominante, è composto: da un testo in cui se ne dà una definizione e se ne indicano le principali valenze semantiche, storiche e la ricezione; da una sintetica lista del lessico sviluppato dalla tradizione di studi in questione; da una serie di link a risorse pubblicate sul web (normalmente i siti di riferimento dei centri di ricerca da cui è possibile risalire ad altre risorse); da una breve bibliografia di riferimento. Da ogni singolo lemma è possibile accedere ad una breve bio-bibliografia dellautore e ad una versione stampabile, in formato .pdf (scarica qui il programma acrobat reader necessario alla lettura di questo formato). Il Dizionario degli Studi Culturali che nella sua forma digitale va considerato come un work in progress è il prodotto di una collaborazione nata nellambito di un progetto di ricerca accademico (Ministero dellUniversità e della Ricerca Scientifica, Ricerche di interesse nazionale 2000, Cultural Studies. Nuove metodologie e strumenti di studio per letà di Goethe), coordinato dal prof. Michele Cometa e che si è avvalso della collaborazione dei dr. Roberta Coglitore e Federica Mazzara, curatori dei singoli lemmi delle bibliografie e dei rimandi ipertestuali, e, per la parte informatica e comunicativa, del dr. Dario Mangano. Il modello rappresentativo e la cura editoriale dei testi è comune. Del sistema delle dominanti e delle ulteriori intersezioni è responsabile il prof. Michele Cometa. Tutti i materiali pubblicati sono di proprietà degli autori e non sono riproducibili altrove. |